Cessioni intracomunitarie, prova multipla per l’uscita del bene dall’Italia

Eizioni: Il Sole 24 Ore
Pubblicazione: Il quotidiano del Fisco del Sole 24 Ore del 24/06/2019

In tema di cessioni intracomunitarie, la prova dell’uscita del bene dal territorio nazionale, con destinazione in un altro Stato membro, può essere fornita tramite documenti attraverso i quali siano individuabili i soggetti coinvolti nell’operazione nonché tutti i dati utili a definire l’operazione stessa, nonché attraverso le relative fatture di vendita, la documentazione bancaria attestante le somme riscosse, la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi Intrastat.

Questo, in breve, quanto riepilogato dall’agenzia delle Entrate attraverso l’interpello n. 100 dell’8 aprile scorso, che ha fornito chiarimenti e ha ribadito quanto già sostanzialmente affermato in più riprese dall’amministrazione finanziaria stessa, e in conformità con quanto prescritto dall’articolo 45 bis del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, inserito dal regolamento di esecuzione del 4 dicembre 2018, n. 2018/1912/UE, e che troverà applicazione dal primo gennaio 2020.

Nella fattispecie oggetto di interpello, l’istante ha evidenziato che, nel momento in cui i beni vengono spediti, il cedente emette un documento di trasporto, noto come Ddt, nel quale viene indicato il luogo della destinazione, e che viene firmato anche dal trasportatore, per la presa in carico della consegna. Se il trasporto è a cura del cedente, quest’ultimo riceve dal trasportatore anche la fattura che indica i trasporti che sono stati effettuati.

L’istante fa, però, presente che oltre al Ddt, egli emette anche un altro documento contenente i seguenti dati: l’identificativo del committente (ossia il cessionario in fattura), il riferimento della fattura di vendita, il riferimento della fattura logistica (documento interno), la data della fattura, la data del Ddt, la data della destinazione delle merci, del paese di destinazione e dell’anno di ricezione delle merci stesse, la seguente dichiarazione da parte del cessionario comunitario: «le merci relative alle fatture sopra indicate sono regolarmente pervenute presso il nostro terzista, il nostro deposito oppure presso i nostri negozi (per esempio, in Gran Bretagna) nel mese di (per esempio, gennaio 2018)».

Afferma ancora l’istante che la dichiarazione sopra riportata viene timbrata, datata e sottoscritta dal cessionario che poi la rispedisce all’istante, che ne trattiene copia «al fine di dare prova dell’avvenuto trasporto in un altro paese Ue».

L’agenzia delle Entrate, ricordando che non esiste una normativa interna che prescriva le prove da fornire in presenza di cessioni intracomunitarie, ricorda che, con propria risoluzione 345/E/2007, aveva già chiarito che la prova in commento può essere fornita attraverso la conservazione della fattura di vendita all’acquirente comunitario, degli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate, del documento di trasporto «Cmr» firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e/o dal destinatario per ricevuta, della rimessa bancaria dell’acquirente relativa al pagamento della merce.

Dopo aver richiamato ulteriori propri documenti, l’agenzia delle Entrate reputa il documento proposto dall’istante idoneo a fornire la prova dell’uscita dei beni dal territorio nazionale, verso un altro Stato membro, purché siano presenti le seguenti condizioni:
•dai descritti documenti siano individuabili i soggetti coinvolti (ovvero cedente, vettore e cessionario) e tutti i dati utili a definire l’operazione a cui si riferiscono;
•si provveda a conservare le relative fatture di vendita, la documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle precedenti cessioni, la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi Intrastat.