Dichiarazione tardiva entro il 2 marzo 2020

Eizioni: Il Sole 24 Ore
Pubblicazione: Il quotidiano del Fisco del Sole 24 Ore del 11/12/2019

Tempo fino al 2 marzo 2020 per l’invio della dichiarazione «tardiva». Spirato tale termine la dichiarazione viene considerata a tutti gli effetti omessa.

Spirato l’ordinario termine per l’invio della dichiarazione dei redditi e quella Irap, scaduto il 2 dicembre scorso, il contribuente entra in un primo periodo, che scade nei successivi 90 giorni, entro il quale la dichiarazione inviata viene considerata tardiva ma valida, con l’applicazione di una sanzione da 250 fino a 1.000 euro, aumentabile fino al doppio per i titolari di scritture contabili. Tale sanzione può essere ravveduta dal contribuente, in base all’articolo 13 del Dgs 472/1997.

Se dalla dichiarazione, però, emergono imposte da versare e il contribuente non avesse effettuato il versamento entro i regolari termini stabiliti per legge, allora è necessario anche applicare, oltre agli interessi, una sanzione pari al 30 per cento del tributo, eventualmente diminuita per effetto di quanto disposto sia dall’articolo 13 del Dlgs 471/1997 (detto anche comunemente «ravvedimento sprint») sia dall’articolo 13 del già citato Dlgs 472/1997, che disciplina il «normale» ravvedimento operoso.

Sul fronte dei termini a disposizione dell’agenzia delle Entrate per effettuare eventuali accertamenti, occorre tenere in considerazione che, qualora la dichiarazione tardiva sia presentata nell’anno successivo, e cioè, con riferimento alle dichiarazioni relative al 2018, nel 2020, anche i predetti termini trovano lo slittamento di un anno. Stabilisce, infatti, il primo comma dell’articolo 43 del Dpr 600/1973 che «Gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione».

Se la dichiarazione è presentata, sempre per la prima volta, oltre il già indicato termine di novanta giorni, essa viene considerata a tutti gli effetti una dichiarazione omessa anche se il secondo comma dell’articolo 7 del Dpr 322/1998 stabilisce letteralmente che tali dichiarazioni «costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta».

Da un punto di vista sanzionatorio, premettendo che in presenza di dichiarazione omessa non è mai possibile usufruire della riduzione delle sanzioni attraverso l’istituto del ravvedimento operoso, se dalla dichiarazione non emergono debiti d’imposta è applicabile la sanzione da 150 a 500 euro, aumentabile fino al doppio per i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili, se la dichiarazione è presentata entro il termine di scadenza di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ovvero da 250 a 1.000 euro, aumentabile fino al doppio per i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili, se è presentata oltre tale termine.

Ove, viceversa, dalla dichiarazione emergano debiti d’imposta, la sanzione applicabile va dal 60 al 120 per cento del tributo, con un minimo di 200 euro, se la dichiarazione è presentata entro il termine di scadenza di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, ovvero dal 120 al 240 per cento, con un minimo di 250 euro, qualora si ecceda tale termine.

Ancora una volta sul fronte dei termini di accertamento, si ricorda che il secondo comma dell’articolo 43 del Dpr 600/1973 dispone che «Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla l’avviso di accertamento può essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata».