Possibile tenere aperta la partita Iva del professionista deceduto

Eizioni: Il Sole 24 Ore
Pubblicazione: Il quotidiano del Fisco del Sole 24 Ore del 06/05/2019

L’erede del professionista può tenere in vita la partita Iva del de cuius anche oltre i sei mesi dal decesso, al fine di poter «fatturare» le prestazioni poste in essere dal de cuius stesso prima della sua morte.

È questa l’importante conclusione a cui è giunta l’agenzia delle Entrate con la risoluzione 34/E dell’11 marzo scorso , rispondendo a un interpello attraverso il quale l’erede di un professionista chiede quale debba essere il comportamento da tenere nel caso in cui il de cuius, in «anni passati», abbia emesso fatture con Iva a esigibilità differita, in base a quanto disposto dall’articolo 6 del Dpr 633/1972, nei confronti della Pa e che, alla data del decesso, non risultino ancora riscosse, con tempi di riscossione non prevedibili e che, certamente, afferma l’istante, «saranno più lunghi dei sei mesi previsti dall’articolo 35-bis» del Dpr 633/1972.

Fa presente altresì l’istante che lo scomparso professionista nel corso del 2018 ha effettuato e concluso «prestazioni professionali non ancora fatturate alla data del decesso», sempre per lavori eseguiti nei confronti della Pa e con riferimento ai quali «non è ancora intervenuta la liberatoria da parte del committente per considerare la prestazione ultimata (ancorché nella sostanza terminata) e, quindi, fatturabile».

Il problema che si innesta, con riferimento alle questioni indicate, è difficilmente gestibile attraverso le disposizioni contenute nell’articolo 35-bis che, da una parte attribuisce sei mesi di tempo agli eredi per porre in essere gli adempimenti che il de cuius non ha effettuato nei quattro mesi prima del decesso, mentre dall’altra vieta agli eredi del professionista di proseguire l’attività del de cuius, lasciando tale opzione, anche ai soli fini liquidatori, agli eredi dell’imprenditore.

L’agenzia delle Entrate, dunque, facendo dapprima presente che «In linea generale, la cessazione dell’attività professionale, con conseguente estinzione della partita Iva, non può prescindere dalla conclusione di tutti gli adempimenti conseguenti alle operazioni attive e passive effettuate», evidenzia che il professionista, che non dovesse più svolgere l’attività professionale non può estinguere la partita Iva in presenza di corrispettivi per prestazioni rese in tale ambito ancora da fatturare nei confronti dei propri clienti.

Partendo anche da tali riflessioni, ed evidenziando che la Cassazione con sentenza 8059/2016 si è espressa affermando l’imponibilità ai fini Iva del compenso professionale, anche se percepito successivamente alla cessazione dell’attività e anche se le somme sono incassate dagli eredi, l’Agenzia arriva alla conclusione che in presenza di fatture da incassare o di prestazioni da fatturare, «gli eredi non possono chiudere la partita Iva del professionista defunto sino a quando non viene incassata l’ultima parcella».

È possibile, quindi, secondo l’amministrazione finanziaria, derogare a quanto disposto dall’articolo 35-bis del Dpr 633/1972 e, in base a una lettura sistematica dello stesso articolo, può essere consentito anche per il professionista applicare quanto viene disposto dal comma 2 dello stesso articolo che, in buona sostanza, consente agli eredi di tenere aperta la partita Iva del de cuius fino a che non saranno completati gli adempimenti per le operazioni effettuate dal de cuius stesso.

Fa presente ancora l’Agenzia che, naturalmente, l’erede può anche provvedere ad anticipare la fatturazione con riferimento alle prestazioni rese dal de cuius, anticipando l’esigibilità dell’imposta rispetto all’incasso, in modo di chiudere la partita Iva.