Recesso dalla società di persone a rischio tassazione separata

Eizioni: Il Sole 24 Ore
Pubblicazione: Il quotidiano del Fisco del Sole 24 Ore del 27/05/2019

In presenza di recesso da una società di persone, il reddito percepito può essere oggetto di tassazione separata nel rispetto delle condizioni poste dalla norma. Se è da una società di capitali, si applica una ritenuta del 26 per cento.

Ormai in piena campagna dichiarativa, risulta utile evidenziare che in presenza di recesso tipico da una società, da parte di una persona fisica che detiene la partecipazione non in regime d’impresa, il reddito percepito assume diverse connotazioni a seconda del tipo di società.

Partendo dalle società di persone, il socio, una volta stabilito il valore della quota, deve sottrarre da esso il costo fiscalmente riconosciuto alla partecipazione, aumentato degli utili ancora presenti in società e tassati per trasparenza in capo al socio stesso nel corso della vita societaria, fatta eccezione per la parte di utile in corso di maturazione nell’esercizio in cui vi è il recesso, e di cui si deve tenere conto, insieme a eventuali plusvalori latenti e all’avviamento, se esistenti, per la determinazione del valore da «liquidare» al recedente.

Tale differenza, che prende il nome di «differenza da recesso», e composta sostanzialmente dai valori latenti delle attività di pertinenza della società, dall’avviamento nonché dalla parte di utile di competenza del socio, maturato nell’anno e fino alla data del recesso, è tassata in capo al socio come reddito di partecipazione, ossia come reddito d’impresa.

Su tale «valore», quindi, il socio è tenuto a pagare l’Irpef, con la possibilità di applicare la tassazione separata, di cui all’articolo 17, primo comma, lettera l), del Dpr 917/1986, ma alla condizione che il periodo di tempo intercorso tra la costituzione della società e la comunicazione del recesso, sia superiore a cinque anni.

La differenza di recesso, che rappresenta per la società la parte di valore della partecipazione, da liquidare al socio, eccedente il valore del capitale sociale e delle riserve a esso imputabili, è un costo fiscalmente deducibile nell’esercizio in cui avviene il recesso.

Tale deducibilità è riconosciuta al fine di evitare una doppia tassazione della differenza da recesso, una prima volta in capo al socio recedente e una seconda volta in capo ai soci rimasti in società al momento di realizzo dell’utile dell’esercizio nel corso del quale è avvenuto il recesso, e dei plusvalori latenti al momento del loro eventuale realizzo.

Qualora la società dalla quale il socio recede sia una società di capitali, la tassazione in capo al socio assume un altro connotato. Come chiarito, infatti, dall’agenzia delle Entrate attraverso la circolare 26/E/2004, la differenza tra valore della partecipazione e costo fiscalmente riconosciuto, rappresenta in buona sostanza un dividendo e come tale va trattato da un punto di vista fiscale. È bene far presente che per tali redditi non è possibile applicare la tassazione separata.

Con l’unificazione della tassazione dei dividendi sia per i soci che hanno natura qualificata che per quelli non qualificati, attraverso una ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento, questa è la tassazione che subisce anche la differenza di cui si è appena detto, ovvero tutto il valore riconosciuto se il socio non comunica alla società il costo fiscalmente rilevante, in presenza di recesso da una società di capitali da parte di un socio, persona fisica, che non detiene la partecipazione in regime d’impresa.