Stop alla compensazione con l’accollo del debito

Eizioni: Il Sole 24 Ore
Pubblicazione: Il quotidiano del Fisco del Sole 24 Ore del 09/11/2019

Nell’accollo del debito tributario altrui, l’accollante non può utilizzare i crediti tributari propri per compensare i debiti accollati.

L’articolo 1 del Dl 124/2019 introduce norme particolari per quanto riguarda l’accollo di debiti tributari altrui. L’articolo 8 dello Statuto dei contribuenti prevede, letteralmente, al secondo comma, che «È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario».

In altre parole, stando sempre al dettato letterale, un soggetto può accollarsi il debito tributario altrui, restando ferma la responsabilità del debitore originario.

L’appena citato articolo 1 del Decreto fiscale interviene proprio su tale disposizione disponendo che chiunque si accolli il debito d’imposta altrui, deve procedere al relativo pagamento «secondo le modalità previste dalle diverse disposizioni normative vigenti».

Con riferimento a tale norma è bene far presente che l’agenzia delle Entrate era peraltro già intervenuta con risoluzione 140/E/2017, chiarendo che la compensazione tra il credito dell’accollante e il debito dell’accollato non può essere oggetto di compensazione in quanto la stessa «trova applicazione solo per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi».

La conclusione dell’agenzia delle Entrate, attraverso il documento di prassi richiamato, era, quindi, chiara, arrivando ad affermare che «deve pertanto negarsi, in via generale, che il debito oggetto di accollo possa essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario».

Il comma 2 dell’articolo 1 del Dl 124/2019 chiude, quindi, il cerchio, disponendo che per il pagamento del tributo è escluso, in ogni caso, l’utilizzo in compensazione dei crediti dell’accollante e che in caso di versamenti in violazione delle nuove disposizioni, i versamenti «si considerano come non avvenuti a tutti gli effetti di legge».

A questo punto dal lato sanzionatorio, innanzitutto, viene disposto che, restando ferme le «ulteriori conseguenze previste dalle disposizioni normative vigenti», è applicabile la sanzione di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/1997 ossia la sanzione pari al 30% dell’imposta non versata.

Stabilisce ancora il Decreto fiscale che con appositi atti di recupero, che sono da notificare entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la delega di pagamento, a pena di decadenza, sono irrogate, all’accollante, le sanzioni di cui all’articolo 13, commi 4 e 5, sempre del Dlgs 471/1997 che prevedono, nel caso di utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, che si applichi, salva l’applicazione di disposizioni speciali, la sanzione pari al 30% del credito utilizzato ovvero, nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, il pagamento della sanzione dal 30 al 200% della misura dei crediti stessi.

Per quanto concerne l’accollato, la sanzione irrogabile è quella di cui all’articolo 13, comma 1 del già richiamato Dlgs 471/1997, ossia il 30% del tributo «recuperando l’importo di cui al comma 3 (dell’articolo 1, del Dl 124/2019, ndA) e i relativi interessi».

Si tratta, per quanto riguarda quest’ultimo importo, delle sanzioni appena sopra indicate ossia, in presenza di compensazione del credito d’imposta esistente in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti, della sanzione pari al 30% del credito utilizzato ovvero, nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, della sanzione dal 30 al 200% della misura dei crediti stessi.

Dispone ancora il Decreto fiscale, per l’importo delle sanzioni di cui sopra nonché degli interessi, che l’accollante è coobbligato in solido.