Tassabile in Italia l’assegnazione di partecipazioni all’amministratore estero

Eizioni: Il Sole 24 Ore
Pubblicazione: Il quotidiano del Fisco del Sole 24 Ore del 31/10/2019

In caso di assegnazione gratuita di partecipazioni, anche in fase di aumento di capitale, all’amministratore, l’eventuale differenza fra valore normale e quanto corrisposto dal sottoscrittore costituisce reddito per quest’ultimo.

Evidenziando che l’attività di amministratore di società o enti può rientrare, da un punto di vista fiscale, sia tra i redditi di lavoro dipendente sia tra quelli di lavoro autonomo, a seconda o meno che l’amministratore sia un lavoratore autonomo che, in sintesi, abbia le conoscenze tecnico-giuridiche richieste per amministrare la stessa società, qualora il reddito percepito dall’amministratore venga assimilato a quello di lavoro dipendente, scattano tutte le regole fiscali valide per questo tipo di reddito e disciplinate, principalmente, dall’articolo 51 del Dpr 917/1986.

Proprio con riferimento a ciò, l’agenzia delle Entrate ha analizzato, attraverso l’interpello 347 del 26 agosto 2019 , il caso di una società che sostanzialmente aveva deliberato di attribuire delle azioni a uno dei propri amministratori, non residente, in fase di aumento del capitale sociale e che ha chiesto, quindi, il trattamento fiscale da riservare a tale assegnazione asserendo, come propria opinione, che la stessa non sia in grado di determinare redditi riconducibili alla carica di amministratore e tassabili in Italia.

L’Agenzia, facendo dapprima presente che per la determinazione del reddito assimilato a quello dipendente, come quello derivante dall’attività di amministratore non rientrante nell’attività di lavoro autonomo, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 51 del Tuir, evidenzia che costituiscono reddito di lavoro dipendente le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, anche se erogate gratuitamente.

Le azioni offerte a un amministratore, tanto quelle offerte dal datore di lavoro al dipendente sono, quindi, da ricomprendere tra gli emolumenti in natura, con la diretta conseguenza che costituiscono, in via generale, redditi imponibili che «concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente».

Per quanto concerne la quantificazione di tale reddito, l’Agenzia parte dall’assunto che a costituire reddito per l’amministratore è il valore normale delle azioni ricevute, al netto di quanto lo stesso amministratore ha eventualmente corrisposto per le stesse.

Per la determinazione, poi, del valore normale, il comma 3 dell’articolo 51 fa riferimento all’articolo 9 sempre del Tuir che, alla lettera b, del comma 4, stabilisce che il valore normale per le azioni non quotate, per le quote di società non azionarie nonché per i titoli e quote di partecipazione di enti diversi dalle società, è dato «in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all’ammontare complessivo dei conferimenti».

Specifica, dunque, a tal proposito l’Agenzia, evidenziando di averlo già chiarito con altri documenti di prassi, che per determinare il valore normale in commento è necessario assumere, in proporzione, non il patrimonio netto contabile della società, bensì il «valore del patrimonio netto effettivo della società o ente», che deve risultare, nel caso di specie, da perizia giurata, riferita «all’intero patrimonio sociale della società esistente a una data compresa nei trenta giorni che precedono quella in cui l’assegnazione è stata deliberata».

Se esiste una differenza tra quest’ultimo valore e il prezzo di sottoscrizione corrisposto dall’amministratore per le azioni a lui «riservate», allora tale differenza costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente con obbligo, da parte della società, di operare la ritenuta d’acconto ovvero d’imposta, salvo diverse disposizioni delle convenzioni, nel caso in cui l’amministratore sia non residente.